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Sanificazione degli impianti di aria. Come intervenire

Andrea Casa, esperto in materia di igiene aeraulica e Presidente Emerito di A.I.I.S.A. approfondisce il tema della sanificazione degli impianti d'aria, facendo chiarezza.

L’emergenza sanitaria che ha colpito il nostro Paese ha incrementato esponenzialmente l’importanza delle operazioni di sanificazione degli impianti di trattamento aria e degli ambienti di lavoro, quale misura da adottare nei Protocolli di contrasto e contenimento della diffusione del COVID-19 nei luoghi di lavoro.

Si inserisce in questo contesto anche il credito d’imposta, nella misura del 50%, per le spese di sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro previsto per il periodo 2020 dall’articolo 64 del decreto-legge “Cura Italia” (DL 17 marzo 2020, n. 18), convertito in legge. Tuttavia, esiste ancora poca chiarezza circa il significato di sanificazione e il rapporto che intercorre con pulizia, disinfezione o sterilizzazione.

Quali sono le differenze tra questi interventi e quali i risultati che si ottengono?

Andrea Casa, esperto in materia di igiene aeraulica e Presidente Emerito di A.I.I.S.A. approfondisce il tema, facendo chiarezza:

«In Italia, il Regolamento attuato mediante il D.M.274/97 con gli articoli 1 e 4 della legge 25 gennaio 1994, n. 82, disciplina le attività di pulizia, disinfezione, disinfestazione, derattizzazione e sanificazione. In ambito aeraulico, una delle principali norme tecniche di riferimento è la Procedura Operativa per la valutazione e gestione dei rischi correlati all’igiene degli impianti di trattamento aria, adottata nel 2013 dalla Conferenza Stato-Regioni e Provincie Autonome, secondo cui la sanificazione è intesa come attività volta a rendere igienicamente sano un oggetto, una superficie, l’ambiente e le attrezzature in relazione all’uso che se ne deve fare. Essa consiste di due fasi distinte ma inscindibili, ovvero dipendenti l’una dall’altra: la fase di pulizia e/o detersione e quella successiva di disinfezione o sterilizzazione. La prima fase di pulizia è un’operazione preliminare indispensabile e consiste nella rimozione di polvere, sporcizia dalle superfici e residui, effettuata solitamente con strumenti quali, ad esempio, spazzole, aspiratori, apparecchi a getto di vapore o acqua ad alta pressione. Può essere effettuata a secco o a umido e, in quest’ultimo caso, si parla di detersione con l’impiego di acqua e prodotti chimici detergenti. Segue la fase di disinfezione o sterilizzazione, a seconda degli obiettivi. La prima attività ha lo scopo di ridurre al minimo il numero di microrganismi contaminanti dalle superfici e dalle attrezzature, eliminando tutti i patogeni, ma non le loro spore. Viene effettuata utilizzando mezzi chimici (disinfezione chimica) o fisici, quali il calore secco o umido (disinfezione termica) e in casi specifici anche i raggi ultravioletti. Diversamente, la sterilizzazione è intesa come processo chimico o fisico finalizzato all’eliminazione di ogni forma microbica vivente, in forma sia vegetativa che sporale. Il livello di sicurezza di sterilità (SAL) corrisponde alla probabilità teorica ≤1 su 1 milione (SAL ≤ 10-6) di rilevare un microrganismo sopravvivente all’interno di un lotto di sterilizzazione. In altre parole, è possibile affermare che una superficie o un materiale sono definiti sterili quando le probabilità di trovarvi un microrganismo sono inferiori ad una su un milione».

Cosa consiglia a chi deve valutare un servizio di sanificazione? 

«Come anticipato, è evidente, dunque, come le sole operazioni di pulizia e detersione non costituiscano un’attività di sanificazione, così come le operazioni di disinfezione o sterilizzazione, in assenza di quelle preliminari di pulizia o detersione. Si tratta di un punto estremamente importante, considerata la sempre più elevata diffusione di pratiche igieniche scorrette che, sotto l’etichetta di “sanificazione”, prevedono la sola fase di disinfezione, attraverso l’aerosolizzazione di prodotti chimici nell’aria e sulle superfici degli impianti. Ne sono un esempio gli apparati, chiamati erroneamente di “Sanificazione Attiva” che, erogando nel flusso d’aria degli impianti o degli ambienti molecole con elevate capacità ossidanti (perossido di idrogeno, ozono, idrossili, ecc.) si limitano, in realtà, a svolgere una disinfezione, bypassando la fase preliminare di Pulizia. Tali sistemi possono costituire un valido strumento, al fine di assicurare un corretto stato igienico degli impianti, soltanto qualora la loro azione venisse dispiegata all’interno di un impianto pulito, privo di polveri, particolato e di altri contaminanti chimici. La mia raccomandazione di affidarsi, vista l’importanza e la delicatezza della materia, a operatori professionali con adeguata formazione e un’esperienza consolidata, è in questo periodo quanto mai attuale e auspicabile».

 

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