Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto che introduce il Conto Termico 3.0, è il momento di analizzare i suoi punti qualificanti e le conseguenze per il lavoro degli installatori, ponendo attenzione agli elementi differenziali che possono generare interesse anche sotto un profilo commerciale.
Il Conto Termico 3.0 entra in vigore il 25 dicembre prossimo e porta un compenso forse non particolarmente ricco, ma comunque utile al venir meno di altre forme di incentivazione per i lavori di riqualificazione energetica degli edifici, pubblici e privati. A partire dalla data di entrata in vigore il GSE avrà al massimo sessanta giorni per formulare le modalità di applicazione delle indicazioni del Decreto: una tempistica utile, perché permetterebbe di parlare di Conto Termico in una stagione, inizio primavera, che non è soggetta alle “urgenze” della calura incombente e quindi si presta a ragionamenti di progettazione ed esecuzione adeguati a soddisfare i requisiti per accedere agli incentivi, soprattutto se i soggetti coinvolti (a cominciare dal committente) si muoveranno con il giusto anticipo nella fase di definizione degli interventi.
Conto Termico 3.0: quali interventi sono ammessi?
Riepiloghiamo le tipologie di interventi ammessi e rilevanti per il nostro lettore, rivolti a Pubbliche Amministrazioni, privati (sia per edifici ad uso residenziale sia ad uso non residenziale) e ed enti del Terzo Settore: a. sostituzione di impianti di climatizzazione con sistemi ibridi “factory made” o scaldacqua a pompa di calore; b. isolamento termico, con possibilità di integrare sistemi di ventilazione meccanica; c. installazione di sistemi di building automation, (termoregolazione, contabilizzazione del calore e gestione automatica degli impianti); d. impianti fotovoltaici con sistemi di accumulo o allaccio alla rete, subordinata alla sostituzione di impianti termici con pompe di calore elettriche. Portiamo l’attenzione su un primo fatto che sta diventando rilevante e che era in parte già presente nella precedente stagione di incentivi, quella del Superbonus, ma che sta diventando sempre più netta nelle indicazioni del legislatore: la correlazione degli interventi. Infatti, il finanziamento tramite incentivo dei pannelli fotovoltaici non è indipendente, ma vincolato all’installazione di una pompa di calore elettrica. Risulta quindi necessario pensare in maniera sistemica: l’efficienza energetica di un edificio è sempre più collegata non a un singolo prodotto, la pompa di calore, ma a un sistema di interventi, che riducono il fabbisogno energetico (isolamento), che riducono il quantitativo di energia acquisita dalla rete (pannello fotovoltaico), che favoriscono l’autoconsumo (batterie di accumulo). Il punto è presto detto: la pompa di calore ha un significato maggiore e una potenzialità di adozione più ampia se è inserita in un progetto integrato: questo per ragioni che sono ormai chiare a tutti e che sono legate sia al costo dell’energia elettrica acquistata in rete sia al fatto che il raggiungimento degli obiettivi di efficienza energetica degli edifici che saranno presto messi in atto per soddisfare la normativa EPBD non potranno essere soddisfatti da un solo strumento, ma richiederanno appunto l’integrazione.
Prestazioni professionali ammesse dall’incentivo
Attiriamo l’attenzione anche su un secondo fattore: il Decreto spiega chiaramente che sono ammissibili all’incentivo le spese per progettazione, direzione lavori, diagnosi energetiche e attestati di prestazione energetica (APE) relativi agli interventi delle lettere da a) ad h) e le attività tecniche propedeutiche e di supporto alla realizzazione dell’intervento. Se progettazione, direzione lavori, diagnosi energetiche e APE sono obbligatori, vale la pena di enfatizzare che le attività tecniche propedeutiche e di supporto sono un altro punto qualificante: ragionare e predisporre interventi premianti sotto il profilo del risparmio energetico è necessario e quindi spesare analisi e valutazioni che rendano l’intervento ancor più efficiente è una scelta meritoria da parte del legislatore, che mette in evidenza come non sia il “semplice” prodotto a generare efficienza, ma la qualità del pensiero che porta all’adozione di un sistema che ha una pompa di calore correttamente dimensionata, un cappotto termico e serramenti che contengono le dispersioni, una quota di autoproduzione di energia primaria e di accumulo a favore del minore ricorso all’elettricità acquistata dalla rete!
Conto termico 3.0: le fonti rinnovabili
Il Titolo III del Decreto definisce le tipologie di intervento incentivabili per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili e per i sistemi ad alta efficienza, realizzabili su edifici esistenti o unità immobiliari dotate di impianto di climatizzazione. Al di là di un elenco attiriamo l’attenzione del lettore su tre elementi. Il primo è forse banale, ma ancora una volta si ricollega a quanto scritto sopra e cioè il fatto che venga incentivata la sostituzione di scaldacqua elettrici o a gas con scaldacqua a pompa di calore. L’obiettivo è quello di affidare a strumenti a minore impatto ecologico anche la produzione di acqua calda sanitaria, cioè di integrare anche questa nel progetto e nel sistema. Il secondo è di grande significato, anche se per ora limitato agli impianti al di sopra dei 200 kW e cioè l’obbligo di contabilizzazione del calore: la capacità fornita dai sistemi di controllo di gestire i consumi è la vera nuova frontiera di questi sistemi integrati, perché l’elettronica ci consente non solo di sapere quanto consumiamo, ma anche di gestire il funzionamento degli impianti in funzione del bisogno reale e non in maniera meccanica. Il terzo è la sostituzione totale, parziale o funzionale di impianti di climatizzazione invernale con unità di microcogenerazione alimentate da fonti rinnovabili: spesso parliamo di energia verde e andiamo a misurare la sua incidenza sul volume della produzione nazionale di energia, ma la realtà è che l’energia rinnovabile sotto forma di pannello fotovoltaico o – là dove è possibile – di energia geotermica è una risorsa verde la cui produzione è accessibile anche al privato e su piccole taglie, con effetti di diminuzione della dipendenza dalla rete che è forse la ricetta vera per uscire dal peso di tasse e oneri di sistema, che costituiscono mal contati due terzi della bolletta dei privati.

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