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Norma EN 14336: come installare impianti idronici di riscaldamento, raffrescamento e ACS

La norma EN 14336 “cresce” e sviluppa una modalità operativa e organizzativa più articolata, per coprire nuove esigenze tecniche e fornire supporto in situazioni cantieristiche e impiantistiche delle diverse taglie degli impianti idronici.

Cos’è la norma EN 14336

La nuova norma EN 14336 rappresenta un supporto importante per chi lavora nel settore, in un’epoca in cui gli impianti idronici sono destinati ad aumentare. L’evoluzione della normativa sui gas refrigeranti fluorurati spinge nella direzione di fluidi refrigeranti infiammabili e il futuro impone l’utilizzo di pompe di calore che sfruttino sì le capacità termiche di questi fluidi, ma deleghino il compito di asportare o apportare calore a circuiti secondari idronici: questo dato di fatto dell’impiantistica richiede una metodologia rigorosa per l’attività di progettazione, installazione e consegna di questi apparati che saranno alla base della gestione delle temperature in ambienti confinati. La norma EN 14336 “Installazione e commissioning degli impianti idronici di riscaldamento, raffrescamento e preparazione dell’acqua calda sanitaria” arriva con la sua revisione a mettere ordine e a dare un flusso di lavoro organizzato in materia, prevedendo appunto l’ingresso a pieno titolo della voce commissioning nel quadro delle attività.

Esaminando la norma EN 14336 nella sua articolazione notiamo innanzitutto la messa in evidenza del progetto il quale infatti viene ritenuto essenziale e preliminare al capitolato e alla predisposizione del cantiere e costituisce secondo la norma l’elemento di riferimento che permette tanto la gestione del cantiere quanto tutta l’attività di eventuali (ma pressoché inevitabili) modifiche rispetto alle specifiche di progetto. Sempre per mantenere sotto controllo tutto il processo, la norma elenca anche una serie di documenti che devono essere disponibili per le attività di gestione: il progetto è il primo di essi, ma ad esso si uniscono cronoprogramma, elenco dei materiali critici, modalità di gestione delle modifiche al progetto e lista di prove e collaudi.

Cosa vuole dire commissioning

Il tema del commissioning (il cui significato è “messa in funzione”) entra in campo proprio in questo ambito, perché la norma EN 14336 fornisce un allegato A molto importante, il quale fa da modello di riferimento per tutti quei cantieri (soprattutto quelli più piccoli) in cui la pratica del commissioning è meno abituale. L’Allegato produce uno schema adattabile che ha caratteristiche tali da supportare la fase documentale e mettere in condizioni di tranquillità gli operatori rispetto alla procedura migliore da adottare. Il testo si occupa poi di definire aspetti ancora una volta procedurali organizzativi e di controllo del cantiere, senza entrare in alcun modo in considerazioni sulle tecnologie e fornendo invece istruzioni e indicazioni utili a mantenere il governo del lavoro in condizioni di trasparenza e documentazione e predispone anche un utile Allegato B che funge da modello per i rapporti di visite in cantiere da conservare per dare uno storico del lavoro e una accurata rendicontazione delle eventuali modifiche in corso d’opera.

Test e verifiche su impianti idronici

I capitoli 5 e 6 della norma illustrano i test pre-funzionali e le verifiche di tenuta (in pressione, in tenuta, idrauliche, pneumatiche) a cui l’impianto va soggetto per dare compimento all’insieme delle operazioni che rientrano nella categoria del commissioning: delucidazioni opportune vengono fornite sia sul fronte dell’impianto sia su quello dei suoi sistemi di controllo elettrici. In particolare vengono descritte con attenzione le opzioni controllo della pressione per una verifica conforme alle condizioni reali di utilizzo, suggerendo come preferibile la prova idraulica in quanto più coerente con tali condizioni. La norma EN 14336 propone una logica preferenza per la prova idraulica ma sottolinea come essa comporta anche una necessaria attesa fra il momento di carico e il momento di prova, per attendere una stabilizzazione della temperatura (la quale al momento dell’immissione potrebbe avere valori diversi da quelli ambientali alterando di conseguenza la pressione massima raggiunta in quanto quest’ultima è funzione della temperatura del fluido); aggiunge inoltre che la prova in pressione va effettuata su tubi non coibentati per verificare effettivamente e facilmente punti di perdita molto più faticosamente riconoscibili nel momento in cui il circuito è coibentato. Da ultimo sottolinea le differenze tecniche esistenti fra una prova effettuata su impianto attrezzato con tubi metallici e uno con tubi in plastica.

Pulire un impianto idronico

Passando alla fase di pulizia, le istruzioni che vengono fornite sono più che altro classificatorie e di opportunità: la scelta fra flussaggio semplice, flussaggio dinamico o pulizia meccanica tramite PIG (Pigs, o scrapers, sono gli strumenti che vengono inseriti nella pipeline per effettuare operazioni di pulizia, manutenzione, ispezione) viene sostanzialmente ricondotta a ragioni legate alla dimensione dei tubi, considerando preferenziale l’intervento meccanico in tubi di grandi dimensioni, mentre una particolare attenzione viene dedicata a come rendicontare nel caso in cui si adottino prodotti chimici. In questo caso specifico, ma anche negli altri è sempre consigliata l’estensione di un rapporto di pulizia, che può essere redatto in modo da documentare l’operazione e inserirla in uno storico dell’impianto. Aspetti chimici (tanto relativi alla durezza dell’acqua quanto all’utilizzo di eventuali prodotti specifici) vengono messi in risalto anche sul fronte delle fasi di riempimento e sfiato del circuito, una attenzione che è fondamentale in un’epoca in cui il tipo di acque indicate per gli impianti idronici è fortemente caratterizzato da precise caratteristiche soprattutto relative alla presenza di Sali e di calcare, laddove questo è un fattore di forte ostacolo alla corretta prestazione dell’impianto nel corso della sua vita utile. La norma fa infatti cenno all’utilizzo di dispositivi di predisposizione dell’acqua per una performance il più possibile costante nel tempo.

Test funzionali

Un capitolo importante delle attività previste dalla norma EN 14336 e presentata con un certo dettaglio nell’allegato H è dedicata ai test funzionali che costituiscono un momento chiave della gestione dell’impianto perché si configurano come operazioni ricorrenti per esempio al cambio di impostazione dal riscaldamento al raffrescamento: la norma suggerisce una che list, una vera e propria lista di controllo delle funzioni da verificare che deve essere utilizzata per guidare i test funzionali e documentarne l’esecuzione. La questione delle sequenze di funzionamento e della loro corretta impostazione in fase progettuale e installativa è la base di questo approfondimento, perché è evidente come queste siano determinanti per svolgere quelle operazioni di verifica che permettono una gestione positiva e concretamente efficace dell’impianto: l’esistenza di sequenze ben definite e preordinate mette nella condizione di svolgere i test funzionali e riportarne l’esito senza incertezze procedurali e lasciando i minimi dubbi sull’eventuale decadimento prestazionale.

Consegnare il progetto

Il capitolo 11 della norma affronta il momento della consegna dell’impianto al Committente, mettendo in piena luce la necessità che questo atto sia accompagnato da un dossier documentale estremamente preciso, che deve contenere

·      il progetto;

·      le istruzioni per l’esercizio e la manutenzione dell’impianto;

·      gli schemi elettrici dell’impianto, di potenza e di comando e controllo;

·      le impostazioni delle regolazioni;

·      i rapporti prodotti durante la fase di installazione.

Nelle istruzioni per l’esercizio e la manutenzione dell’impianto la norma dichiara espressamente che devono essere compresi

·      i parametri desiderati di qualità dell’acqua dell’impianto e precise indicazioni su come mantenerli nel tempo;

·      in caso di riempimento con additivi chimici, le modalità di smaltimento ed eventuali istruzioni specifiche per la manutenzione.

Trattandosi di una norma europea, la norma EN 14336 non entra nel merito dei documenti richiesti dalla legislazione vigente in ciascuno stato membro, come la dichiarazione di conformità ex DM 37/08 in Italia. La norma specifica solo regole di buona tecnica.