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Caldaie a condensazione: come si integrano con pompe di calore e sistemi ibridi

In questo articolo affrontiamo il nuovo ruolo delle caldaie a condensazione, soprattutto in relazione all’entrata in scena di nuovi attori come le pompe di calore e i sistemi ibridi, ma anche del teleriscaldamento.

Da un punto di vista strettamente tecnologico, la caldaia è rimasta quel contenitore dove si riscalda acqua e la si distribuisce per usi differenti, principalmente acqua calda sanitaria e fluido termoportante per il riscaldamento con radiatori, o in pavimenti con pannelli radianti. Con le caldaie a condensazione si è aggiunto qualcosa sul lato dell’efficienza, ma è soprattutto la collocazione nel sistema impianto a essere cambiata. La caldaia era il cuore della vita di una casa nel periodo dalla fine dell’autunno all’inizio della primavera, infatti svolgeva la funzione fondamentale di riscaldare gli ambienti attraverso il vecchio sistema dei radiatori, che hanno vissuto da protagonisti la grande rivoluzione del riscaldamento domestico alla portata di tutti.

La sua centralità ha cominciato a venir meno quando due fenomeni, uno tecnologico e l’altro infrastrutturale sono comparsi all’orizzonte: la pompa di calore e il teleriscaldamento. Entrambi andavano a incidere su una diminuzione di costi, dovuti a un minore consumo di energia primaria nel caso delle pompe di calore e legati ad economie di scala e allo sfruttamento complementare di risorse rinnovabili per quanto concerne il teleriscaldamento.

Un elemento di specifico miglioramento del rendimento o resa è venuto dalla diffusione della tecnologia delle caldaie a condensazione, cioè di una forma di recupero dell’energia termica che prima andava dispersa e che invece con il circuito di condensazione permette di recuperare il calore del vapore precedentemente convogliato direttamente in canna fumaria: in sostanza quando la temperatura dei fumi scende al di sotto del punto di rugiada (per i fumi prodotti dalla combustione di metano è circa a 56 °C), il vapore condensa e, tornando allo stato liquido, libera il calore latente che viene poi sfruttato dagli scambiatori .

Questa importante innovazione ha messo i produttori nelle condizioni di proporre un mercato di sostituzione, la cui importanza è stata sicuramente apprezzata anche da chi con la semplice sostituzione della caldaia si trovava a spendere meno per il gas necessario al riscaldamento e poteva anche vantare un’attenzione ambientale significativa, in un’epoca in cui qualsiasi forma di riduzione delle emissioni e di diminuzione del consumo di combustibili fossili è decisamente importante.

Normativa per caldaie a condensazione

La normativa per caldaie a condensazione ha tentato di razionalizzare questo processo ed è avvenuta contestualmente all’emanazione di un dispositivo di legge, il D.P.R. 74 2013, che reca disposizioni “criteri generali in materia  di esercizio, conduzione,  controllo,  manutenzione  e  ispezione degli impianti termici per la climatizzazione  invernale  ed  estiva  degli edifici, per  la  preparazione  dell’acqua  calda  per  usi  igienici sanitari,  nonché  i  requisiti professionali  e   i   criteri   di accreditamento per  assicurare  la  qualificazione  e  l’indipendenza degli esperti e degli organismi cui affidare i compiti  di  ispezione degli impianti di climatizzazione.”

La sua emanazione è stata importante perché ha sancito una serie di vincoli tecnici importanti ai fini della sostituzione di vecchi impianti con caldaie di nuova generazione, ma ha anche creato un sistema di catasti regionali degli impianti termici che ha avviato verso una mappatura degli impianti esistenti e una messa a norma di una serie di criteri e particolari tecnici (gestione delle canne fumarie in particolare) che erano considerate marginali rispetto alla semplice installazione delle apparecchiature.

Ricordiamo che questo Decreto ha un’importanza fondamentale perché all’articolo 3 fissa le temperature massime ottenibili dagli impianti indipendentemente dal loro potenziale, fissando soglie sia per il periodo estivo sia per quello invernale e stabilendo quali sono gli ambienti per i quali possono essere derogate le soglie. Un fatto molto rilevante, perché con questa disposizione non ci si limita infatti ad accogliere una tecnologia e ad apprezzarne le potenzialità in termini di minori consumi energetici, ma si indicano chiaramente temperature massime, definendo così anche quanto fresco e quanto caldo è lecito generare da questi impianti.

Va da sé che questa disposizione unita alle indicazioni, qualifiche e responsabilità di installatori, manutentori e “ispettori” di verifica sono sicuramente uno strumento importante per dare un significato concreto e gestito attraverso i catasti regionali allo spirito della norma, cioè quello di regolare l’utilizzo di attrezzature il cui potenziale di minore impatto ambientale e minore incidenza sulla spesa corrente di gestione è sicuramente alto.

Le caldaie a condensazione nei sistemi ibridi

Ma le due innovazioni di cui abbiamo parlato sopra, pompe di calore e teleriscaldamento, hanno diminuito abbastanza consistentemente l’appetibilità della caldaia come unico elemento di gestione della capacità di produrre calore: la sua unidirezionalità verso il caldo l’ha resa meno interessante rispetto ai sistemi inverter e il teleriscaldamento si è dimostrato molto più economico in una vasta serie di casi. E a questo punto un settore intero, quello dei produttori di caldaie e dei loro installatori e manutentori, ha cercato una soluzione che permettesse di rimanere nel mercato e di non essere marginalizzati. Il potenziale rischio estinzione è stato affrontato con dinamismo, in una logica, quella dell’integrazione, che è premiante in molte applicazioni e che si è trasformata in un sistema incentivato grazie alla sua complementarità.

Stiamo parlando dei sistemi ibridi, una delle combinazioni più in voga negli ultimi anni, un meccanismo di interazione e sinergia fra caldaia e pompa di calore che attiva la soluzione a minore impatto energetico quando richiesto, le fa convivere quando necessario per la produzione delle calorie di cui l’ambiente ha bisogno, ma alla base sceglie sempre quella più efficiente.

Il tutto è reso possibile da una centralina che rilevando la capacità della pompa di calore di acquisire energia termica a basso costo dall’ambiente evita di ottenere l’energia termica con il consumo di energia primaria da combustione e così non aziona la caldaia, ma quando la pompa di calore non ha energia termica da scambiare per l’obiettivo (in condizioni climatiche o meteorologiche più fredde) fa uno switch verso la caldaia e aziona il riscaldamento con modalità più tradizionali.

Questi sistemi sono stati un elemento di consistente trasformazione del mercato impiantistico, perché hanno permesso se correttamente progettati e installati di ottenere risparmi energetici e contenimento dell’impatto ambientale in misura così consistente al punto da ricevere la “benedizione” da parte del legislatore che ha giustamente pensato di incentivare questa accoppiata.

La scelta di incentivare solo sistemi ibridi che fossero a marchio unico caldaia e pompa di calore è stata una limitazione, in un certo senso, a cui il mercato però ha risposto in maniera dinamica: molti produttori di caldaie hanno ricercato partner produttivi che producessero le pompe di calore necessarie per incorrere nell’incentivazione, generando così un positivo circolo virtuoso in un ambito e in un settore che in Italia era sicuramente dotato delle competenze e dei volumi di produzione per far fronte non solo alla domanda specifica di pompe di calore, ma anche a quella congiunta e combinata alle caldaie a condensazione.

Oggi la pressione messa da una serie di dispositivi normativi che vogliono far fronte alla crisi energetica e all’emergenza ambientale sta portando il mercato non solo italiano ma europeo di produzione di pompe di calore ad essere insufficiente lato offerta rispetto a una domanda crescente da parte dell’utente finale e incentivata per obiettive ragioni economiche ed ecologiche dagli Stati membri dell’Unione Europea in particolare.

Integrare sistemi VRF e caldaie a condensazione

Il sistema ibrido ha portato in casa dell’installatore caldaista e del manutentore caldaista una tecnologia ignota, il ciclo frigorifero. Lo specialista di caldaie non ha mai avuto a che fare con un fluido termoportante che non fosse l’acqua e quando parla di gas parla di gas combustibile e non di gas refrigerante. La nuova materia comprende anche un altro capitolo, l’operatività sugli scambiatori di calore, evaporatore e condensatore, che richiede sensibilità sia di tipo meccanico sia di tipo termo tecnico. La categoria ha sensibilità e abilità importanti per quanto riguarda la propria materia, ma deve attrezzarsi degli strumenti di lavoro e delle capacità operative riguardanti una tecnologia nuova.

Si è sviluppata una consistente attività in alcuni casi meritoriamente progettata e pianificata di formazione che permettesse alle unità di lavoro del service aziendale e alle reti di Centri di Assistenza Tecnica di acquisire gli elementi di conoscenza necessari a far fronte a questa nuova stagione, ma non solo.

Richiamiamo l’attenzione su un tema che è rilevante ai fini della reale ottimizzazione derivante dall’utilizzo dei sistemi ibridi: se è forse vero che la maggior parte di questi oggi è applicata su situazioni domestiche grazie anche all’incentivazione statale, è anche interessante scoprire come ci siano campi applicativi più grandi dove pur in mancanza di incentivi i benefici economici e ambientali inducono ad adottare questa soluzione.

La progettazione di sistemi VRF combinati a caldaie di dimensioni più grandi comporta la necessità di considerare una serie di fattori più complessi: il fabbisogno termico innanzitutto, ma anche ad un altro fattore, la possibilità di accumulare energia termica e utilizzarla adeguatamente in rapporto alle richieste.

Rientra in gioco una competenza più prettamente caldaistica, quella dei boiler o dei puffer, laddove però essa è inserita in un meccanismo di complementarità fra due fonti di produzione di energia termica e quindi deve essere adeguatamente valutato ancora una volta l’aspetto del dimensionamento e tenuto nella massima considerazione l’aspetto della coibentazione, un fattore fondamentale per evitare dispersioni di calore e conseguenti maggiori costi energetici.

Integrare la caldaia con il solare termico

Uno dei punti che però interessa di più ribadire in questo scenario è la potenzialità costituita dall’integrazione della caldaia con fonti energetiche rinnovabili: questa integrazione è forse più intrigante della complementarità con la pompa di calore, ma comporta una maggiore attenzione nella fase di progettazione impiantistica e pertanto è meno “frequentata”, anche se gli incentivi fiscali hanno dato una spinta consistente.

Il tema è quello del solare termico, una soluzione di utilizzo dell’energia solare che ha reso più diretto l’utilizzo e il beneficio del calore emanato dal sole rispetto al fotovoltaico e che ha una sua scalabilità che lo rende applicabile su contesti dimensionali dal più piccolo al più grande senza grosse difficoltà, perché l’accumulo di energia termica in appositi boiler si sposa bene con la minimizzazione del lavoro della caldaia e il suo intervento compensativo.

Oltre al solare termico esiste un’altra sorgente energetica che offrirebbe un consistente contributo nella stabilizzazione della temperatura, l’acqua di falda che ha un delta di temperatura bassissimo e quindi è in grado di lavorare molto bene al raffrescamento in collaborazione con caldaie e sistemi di accumulo dedicati ad acqua calda sanitaria e riscaldamento, ma siamo perfettamente consapevoli che costi e complessità di questa tipologia di impianto sono sicuramente tali da non farne la più comune e accessibile delle soluzioni in cui andare ad inserire e valorizzare la caldaia e la sua capacità di lavorare come complemento impiantistico, la stessa cosa per le pompe di calore geotermiche, con costi considerevoli per eseguire la trivellazione del terreno con profondità elevate, con consapevolezza che non tutti i terreni  sono idoneo alle trivellazioni ad esempio in varie parti d’Italia il sottosuolo è roccioso e quindi non idoneo per smaltire il calore.

 La ‘caldaia elettronica’

Queste soluzioni riportano centralità sull’aspetto idraulico dell’applicazione e sulle regole base che presiedono la gestione del calore generato attraverso fonti primarie rinnovabili o combustibili, ma non la concludono ancora una volta, perché stiamo parlando di sistemi aperti, particolarmente interessanti in un’ottica in cui la caldaia è inserita in un governo delle variabili di consumi e prestazioni di tipo elettronico.

E quindi entra in campo la caldaia elettronica o meglio il sistema elettronico di governo della temperatura dell’ambiente e dell’acqua calda sanitaria che già da tempo viene pubblicizzato come uno strumento più visibile sul lato domotico che gestionale dell’edificio, mentre se siamo più attenti non stiamo semplicemente parlando di avere la temperatura ideale al nostro rientro in casa, quanto piuttosto una combinazione di comfort ottenuto con minore consumo di energia primaria e minore impatto ambientale.

L’integrazione elettronica, quella che tiene le leve di comando del sistema ibrido, è forse la leva di più sostanziale e prospettico sviluppo della presenza della caldaia nell’impianto, perché le riconosce quel ruolo di back up di altre forme di produzione delle calorie che la riporta ad un compito sostanziale, quello di collaborare alla transizione ecologica in maniera cooperativa e non sicuramente marginale.