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Entalpia, cos’è e come viene applicata

Che cos’è l’entalpia, qual è la sua formula e come viene applicata in modo vantaggioso all’interno di uno scambiatore entalpico. Scoprilo su Infoimpianti.

Se si desidera sapere che cos’è l’entalpia e ci si affida per la risposta a testi di termodinamica si rischia alla fine di avere le idee più confuse per la grande quantità di formule di cui gli estensori fanno ampio uso. Qui ne riportiamo una sola, una piccola equazione utilizzando la simbologia generalmente in uso. L’entalpia di un sistema termodinamico si indica con la lettera H; oppure con la lettera E.

H = U + pV

U rappresenta l’energia interna del sistema, mentre con p e V si indicano rispettivamente la pressione e il volume. Detto questo è interessante chiarire il significato di entalpia: il termine proviene dal greco enthalpos il cui significato (portare calore dentro) già fa intuire di che cosa si tratta: è il contenuto termico del sistema considerato. In buona sostanza, semplificando molto, per definizione l’entalpia indica la capacità di un sistema di compiere un lavoro e dunque quello che interessa è la differenza dei valori di entalpia, prima o dopo avere compiuto un lavoro (trasformazione termodinamica).

La variazione di entalpia si indica con ΔH.

Ma il prodotto pV che cosa sta a significare? Se con U o con E si indica l’energia delle molecole (particelle) che costituiscono il sistema termodinamico considerato, il prodotto pV rappresenta l’energia espressa dalla pressione p per il volume V del sistema medesimo. Pensiamo per esempio ai gas che sono appunto caratterizzati da volume e pressione (e ovviamente dalla temperatura).

Entalpia e scambiatore entalpico

Un bell’esempio di sfruttamento dell’entalpia è dato dall’utilizzo di uno scambiatore entalpico che, in pratica, è uno scambiatore di calore, cioè un’apparecchiatura in cui un fluido trasferisce calore ad un altro che si trova a temperatura differente. Anche un semplice calorifero o radiatore è uno scambiatore di calore (l’acqua circolante all’interno cede calore all’ambiente), ma non di tipo entalpico. Un esempio di scambiatore entalpico si trova all’interno dei sistemi di ventilazione meccanica controllata (VMC) e si differenzia da un comune scambiatore perché recupera anche il calore latente dell’aria, cioè il contenuto termico del vapore d’acqua presente nell’aria. In altri termini, l’efficienza di scambio di uno scambiatore entalpico è maggiore perché oltre a sfruttare il calore sensibile, cioè quello il cui livello è misurabile con un termometro a bulbo secco, sfrutta anche il calore latente contenuto nel vapor d’acqua sempre presente nell’aria atmosferica, seppure a livelli che variano da quasi zero (in un deserto) al 100% (quando piove o c’è una fitta nebbia). Nell’esempio in questione (recuperatore per VMC) il calore latente viene “estratto” dall’aria tramite ad esempio una membrana speciale in grado di assorbire l’umidità. La membrana permette di trasferire il vapore acqueo tra i due flussi d’aria, in entrata e in uscita.

Lo scambiatore adiabatico

Due parole infine sullo scambiatore adiabatico utilizzato spesso in sostituzione delle torri di raffreddamento evaporative perché fa risparmiare una grande quantità di preziosa acqua. In estrema sintesi il funzionamento è il seguente: si aggiunge all’aria una certa quantità di vapor d’acqua fino a renderla quasi satura e una parte delle goccioline che costituiscono il vapore acqueo appunto evapora, grazie al calore contenuto nell’aria. Il processo di evaporazione abbassa la temperatura dell’aria stessa che in un sistema di climatizzazione è l’effetto che si desidera ottenere. L’aria più è secca (e calda), più vapore acqueo è in grado di assorbire e l’efficienza del sistema adiabatico è più elevata. La trasformazione adiabatica abbassa la temperatura dell’aria senza o quasi variazione dell’entalpia (trasformazione isoentalpica) e può essere descritta graficamente sul diagramma psicrometrico.