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Impianti idrotermosanitari nel presente e nel futuro

La materia degli impianti idrotermosanitari si è ampliata nei tempi più recenti creando un sistema modulare di elementi e una quantità di variabili in gioco che rendono allo stesso tempo interessante e complesso il lavoro di chi opera nel settore. Proviamo ad esaminare una serie di argomenti che determinano e determineranno a nostro avviso le linee di sviluppo del mondo termoidrosanitario.

Partiamo da un assunto che riteniamo prioritario e che sentiamo sempre più condiviso da molti degli operatori del mercato: il cliente finale tende ad acquistare sempre più spesso un risultato, calore, comfort e sempre meno un oggetto, impianto o strumento che sia. Questo vale per “linee di prodotto” tradizionali se così vogliamo chiamarle e anche per strumenti, prodotti ed elementi che vanno ad arricchire e completare il sistema termoidrosanitario in un edificio.

Ciò significa una trasformazione importante, che ha riflessi consistenti anche nel mondo in cui ci si propone al mercato: piccole e grandi aziende oggi stanno modificando radicalmente il loro marketing mix, con una composizione in cui la quota di servizio e quella di prodotto stanno arrivando a condizioni di equilibrio quando non addirittura di prevalenza del servizio sul prodotto.

Impianti idrotermosanitari per ottimizzare l’efficienza

Le ricadute di questa evoluzione sul mondo del calore e dell’acqua calda sanitaria sono piuttosto articolate e palesi, ma la prima e più evidente necessità che abbiamo nell’affrontare l’argomento è quella di elencare e ordinare le priorità: la prima e più urgente parola chiave si chiama efficienza energetica, l’urgenza che ha messo a dura prova i consumatori nel periodo di crescita esponenziale dei costi dell’energia primaria proveniente da fonti fossili.

La proposta di soluzioni di per sé efficienti come i sistemi ibridi, grande trend degli ultimi anni, ha in parte attenuato la problematicità: hanno goduto di interesse le caldaie a condensazione, le caldaie a biomassa, la loro combinazione sempre più ottimizzata con le pompe di calore e la capacità di lavorare appunto delle pompe di calore stesse in riscaldamento e in raffrescamento, riducendo gli oneri legati a una pluralità di impianti convergenti a diverso titolo nella produzione di condizioni di comfort climatico nell’ambiente indoor.

Le sorgenti energetiche

La vicenda dei costi energetici ha rappresentato ancora una volta lo stimolo a una razionalizzazione sempre più ampia e importante sia sul lato delle sorgenti di calore sia su quello del suo recupero. Il primo tema, quello della ricerca di sorgenti efficienti si è costituito di due filoni, uno a più facile accesso, quello del solare termico, previsto in numerosi ambiti di incentivazione fiscale, che rappresenta oggi una soluzione di particolare interesse per la sua flessibilità e la semplicità di attivazione, con evidenti risparmi generati a fronte di investimenti coperti in larga parte da incentivi e resi ulteriormente appetitosi attraverso meccanismi come lo sconto in fattura, largamente praticato anche dalle aziende produttrici per sostenere un allargamento della base di clientela possibile.

Il secondo, più complesso ma sempre più interessante per le riduzioni di costo che genera sul periodo di utilizzo pur a fronte di una maggiore complessità progettuale e installativa, cioè tutto il tema della geotermia, un ambito che ha una sua valenza sicuramente importante, ma appunto è soggetto al riscontro di condizioni di partenza e alla disponibilità ad investimenti iniziali decisamente più impegnativa.

Conservare l’energia termica

Ma la questione del minor consumo non si è fermata e non si ferma alle fonti, anzi. Molto rilevante a questi fini è un altro elemento tecnologico che è diventato sempre più determinante nella ricerca di efficienza: l’accumulo di calore. La necessità di procedere a formule di accumulo di energia termica per l’ottimizzazione della produzione ha messo in gioco – al servizio di sistemi piccoli e grandi – serbatoi sempre più efficaci in termini di coibentazione per un’immissione in circuito che anch’essa si è evoluta spostandosi soprattutto nell’edilizia di nuova generazione da soluzioni tradizionali, come il termosifone, e ricercando alternative efficaci e coerenti con il tema del comfort, come quella dei pavimenti radianti e delle soluzioni in cui la veicolazione del benessere termico lavori in maniera sinergica al contenimento dei consumi necessari per ottenerlo.

Un ambito che ha ormai stretto una definitiva alleanza anche nelle riqualificazioni con gli aspetti specificamente termici è quello dell’acqua calda sanitaria che si vede sempre più solidale alla produzione di calore o alla sua asportazione nel caso del raffrescamento perché è sempre più frequente l’adozione di sistemi in cui l’acqua calda sanitaria è ottenuta attraverso modalità di recupero del calore impiegato su altri fronti.

Comfort termoigrometrico

L’elenco di queste variabili si è fin qui incentrato sulle soluzioni possibili per affrontare il tema energetico che è massimamente oggetto di attenzione viste le vere e proprie paure di non riuscire a far fronte ai costi crescenti delle bollette. Ma non possiamo dimenticare la premessa che abbiamo messo in campo inizialmente e cioè la priorità uno, il risultato atteso: oggi infatti, a fronte di cambiamenti climatici importanti come quelli in corso a livello globale e reduci come siamo da una delle più calde estati dell’ultimo secolo, non possiamo trascurare quanto sia diventato importante e determinante garantire condizioni termoigrometriche adeguate in una stagione come l’estate che – storicamente – vedeva gli impianti termoidrosanitari in secondo piano, per la minore esigenza di fabbisogno calorico.

Le corrette condizioni di abitabilità di uno spazio confinato, infatti, sono sempre più spesso raggiunte cercando di fare leva su fattori di regolazione dell’umidità che possono essere ottenute con strumenti sui quali c’è stata e continua ad esserci un lavoro incessante di sviluppo, ad integrazione del proprio catalogo, da parte delle aziende. Queste infatti colgono nello specifico un punto sul quale non sempre ci sono condizioni di investimento strutturale come quelle prefigurate da incentivi fiscali o bonus, ragione per cui la taglia dimensionale e tecnica di intervento è molto ampia; si va da elementi plug-in a situazioni in cui la gestione del fattore umidità è ricompresa in sistemi impiantistici complessi.

L’acqua per riscaldare e raffrescare

Un capitolo tutto da trattare è quello poi della qualità dell’acqua per i diversi utilizzi a cui essa è destinata in un sistema termoidrosanitario e passa fondamentalmente per una considerazione legata al calcare: la quantità di questa sostanza è e continua a rimanere un elemento di forte disturbo nella funzionalità degli impianti.

L’addensarsi di calcare infatti è un fattore che rende particolarmente delicata la gestione di una serie di strumenti e parti di impianto dove le concrezioni creano difficoltà per il corretto svolgimento del compito assegnato: pensiamo a pavimenti radianti dove l’acqua “bianca” porta depositi, occlusioni e quindi rischia di diminuire l’apporto di bilanciamento termico generato dal flusso di acqua alla temperatura desiderata. Ma anche gli scambiatori raffreddati ad acqua hanno i loro guai derivanti dal fatto che il calcare danneggia il lavoro di asporto dell’energia termica che l’acqua dovrebbe svolgere.

Ancora, più semplicemente, il calcare può arrivare ad occludere le termovalvole, impedendo la corretta attivazione anche di semplici e tradizionali termosifoni. Nasce così la necessità di riflettere sull’uso degli addolcitori che servono gli impianti di riscaldamento e raffrescamento, addolcitori il cui ruolo però si combina con attività di manutenzione soprattutto dedicate a boiler e puffer, dove l’acqua permane e rischia di creare sedimenti particolarmente pesanti, inficiando il flusso normale nelle tubazioni. Si tratta di un argomento che ha a che fare anche con l’efficienza, perché – non dimentichiamolo – il mantenimento delle temperature è anche funzione della qualità del sistema di tubazioni.

Oltre agli addolcitori è quindi fondamentale riflettere sulle tipologie di tubazione da adottare, là dove grandi sforzi sono stati fatti sui materiali per ridurre il rischio che sia la materia prima stessa del tubo a far lavorare male l’impianto, ma va ricordata anche una variabile che è in capo a chi costruisce gli impianti e cioè la diminuzione della lunghezza dei tratti ciechi. Una raccomandazione che viene fatta da produttori di tubazioni e raccordi è quella di avere impianti dove ci sia la massima circolazione, un fattore che riduce la possibilità di addensamenti di calcare dovuti al ristagno.

Qualità dell’acqua potabile

Il calcare ci porta anche in una direzione molto importante e delicata, la qualità dell’acqua che beviamo: una problematica duplice, a dire il vero, perché la mineralità delle acque potabili è un fattore che ha aspetti allo stesso tempo positivi e negativi. Infatti stiamo parlando di una situazione in cui l’acqua demineralizzata è sicuramente un fattore positivo per chi ha specifici problemi di salute, ma un’acqua completamente o fortemente demineralizzata è “povera” di sostanze che per l’organismo sono sicuramente necessarie. E allora qual è il punto di equilibrio? Non sta a noi esprimerci in materia, ma va notato che l’applicazione di meccanismi di osmotizzazione inversa che è stata spesso presentata come una necessità non sempre ha solo benefici, perché appunto elimina dall’acqua una componente minerale della quale gli organismi hanno in fin dei conti bisogno.

Legionella dall’acqua all’aria

L’accumulo di calcare è anche fra le cause della proliferazione di legionella, un batterio la cui pericolosità deriva dall’inalazione per via aerea, ma la cui diffusione è davvero impressionante al punto da far dire anche ai soggetti più esperti che è praticamente impossibile eliminarne la presenza. Rimane però un fatto, che gli impianti non correttamente manutenuti sono maggiormente a rischio, perché sono più probabili le situazioni in cui arriviamo a condizioni in cui i rami ciechi, i rubinetti aperti raramente e altre situazioni simili favoriscono la generazione di bacini di coltura del batterio.

Va inoltre sottolineato come la legislazione porti da questo gennaio 2023 il limite massimo di concentrazione di unità formanti colonia per litro è stata abbassata a 1000, una soglia molto bassa che implica la necessità di adottare una prassi di contrasto molto severa e precisa su tutti gli impianti. Non è questa la sede per discutere di quale sia la soluzione più corretta, forse perché una soluzione in assoluto corretta non c’è, ma piuttosto prevale ragionevolmente l’adozione di strategie integrate che combinino differenti metodologie di riduzione della concentrazione, ma chi costruisce e manutiene impianti termoidrosanitari ha il compito di occuparsi anche di questo.

 

La nuova Direttiva Europea 2020/2184

 

Manuale sull’igiene negli impianti di acqua potabile