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DPR 74 2013: i dettagli della normativa per caldaie e impianti termici

Com’è noto, il DPR 74 2013 è un dispositivo di norme che comporta anche l’assunzione di responsabilità in ragione del ruolo di Terzo responsabile. Proviamo a fare una carrellata su questo strumento di lavoro per chi si occupa di caldaie e impianti termotecnici.

Lavorare su impianti di riscaldamento e raffrescamento richiede la dimestichezza con un testo di legge che è entrato ormai nel vocabolario di ogni installatore e manutentore, ma che non sempre è conosciuto con la sufficiente chiarezza e sensibilità. Si tratta del DPR 74 2013, un dispositivo di norme che comporta anche l’assunzione di responsabilità in ragione del ruolo di Terzo responsabile.

Ci sono cose che bisogna conoscere per svolgere la professione di gestori di un impianto: la termodinamica, di sicuro, ma se una legge “definisce i criteri generali in materia di esercizio, conduzione, controllo, manutenzione e ispezione degli impianti termici per la climatizzazione invernale ed estiva degli edifici, per la preparazione dell’acqua calda per usi igienici sanitari” è difficile che la si possa ignorare.

DPR 74 2013: limiti di temperatura

Cominciamo dallo stabilire quali sono i contenuti fondamentali su cui è opportuno concentrare l’attenzione: gli articoli dal 3 al 5 del DPR 74 2013 si occupano in maniera piuttosto approfondita di stabilire limiti di temperatura massima invernale e minima estiva raggiungibili attraverso l’utilizzo di impianti. Notiamo subito che subito dopo aver espresso i limiti e le tolleranze per il riscaldamento e il raffrescamento, il legislatore stabilisce un requisito sostanziale importante ai fini del lavoro di impiantisti e manutentori: al comma 3 dell’articolo 3 si dice infatti che “Il mantenimento della temperatura dell’aria negli ambienti entro i limiti fissati ai commi 1 e 2 è ottenuto con accorgimenti che non comportino spreco di energia.”

Gli accorgimenti che non comportino spreco di energia sono un obiettivo prima del cliente finale, poi dell’installatore e poi del normatore, ma è anche vero che questa affermazione è preliminare ad un atteggiamento di attenzione nei confronti dell’innovazione. In buona sostanza con il DPR 74 2013 si spinge a considerare qualsiasi soluzione che consumi meno energia come un’alternativa da conoscere e se possibile praticare per ottenere i risultati di temperatura richiesti dal cliente e definiti – massimi invernali e minimi estivi – dai due precedenti commi.

Al comma 5 un’altra piccola precisazione molto interessante: gli edifici adibiti ad attività industriali, artigianali e assimilabili i limiti fissati ai commi 1 e 2 dell’articolo 3 sono derogabili se “l’energia termica per la climatizzazione estiva e invernale degli ambienti derivi da sorgente non convenientemente utilizzabile in altro modo”. Questo può significare che se siamo in contesti di recupero di calore o utilizzo efficiente di scambiatori che non incrementino i consumi energetici o l’energia termica prodotta non può essere immessa in una rete con altri possibili utenti, possiamo avere temperature inferiori ai limiti in estate e superiori ad essi d’inverno. Ciò avviene solo in edifici adibiti ad attività industriali, artigianali e assimilabili, ma non in contesti domestici.

Limiti di funzionamento degli impianti

L’articolo 4 del DPR 74 2013 tratta dei tempi di attivazione degli impianti per l’ottenimento delle temperature richieste da coloro che occupano gli ambienti a cui gli impianti sono asserviti. I limiti sono definiti per fascia geografica e sono derogabili per strutture ospedaliere, luoghi di degenza e case di riposo, scuole materne e asili nido e per ambienti industriali in cui le condizioni di produzione richiedano la necessità di una temperatura costante, come per esempio un reparto di macellazione o aree di produzione di farmaci e cosmetici.

Va presa nota del fatto che questi limiti di funzionamento sono derogabili anche in altre situazioni, per ragioni tecniche (legate alla necessità di mantenere la temperatura dell’acqua calda sanitaria, per esempio), ma soprattutto in ragione della presenza di sistemi di rilevazione delle temperature e attivazione conseguente dell’impianto. Il comma 6 fa un elenco piuttosto dettagliato di queste situazioni, soffermandosi in maniera analitica ai punti e), f), g) e h) su tipologie tecniche di termoregolazione che rendono possibile superare le limitazioni del comma 2. Utile sottolineare anche che ai punti b) e c) si specifichi come sono esonerati da questi limiti gli impianti che sono alimentati in cogenerazione e gli impianti a pannelli radianti, in ragione della loro efficienza dal punto di vista rispettivamente del consumo di energia primaria e di quello di energia secondaria.

Recentemente si sono susseguiti annunci che parlano di riduzioni degli orari di funzionamento degli impianti di riscaldamento e limitazioni delle temperature massime: si sente parlare di un grado e un’ora, di due gradi e due ore e si fanno calcoli su quanto questo permetterà di risparmiare gas e di far fronte alla crisi energetica e al costo del gas da riscaldamento.

Di questi provvedimenti a oggi non compare alcuna certezza, semmai si può dire che una politica energetica degli approvvigionamenti e dei consumi sarebbe più efficace se inserita in uno sforzo complessivo che incentivi ad una riqualificazione edilizia, impiantistica e gestionale, che vada in maniera compatta e omogenea nella direzione di un uso più razionale delle risorse che generi benefici di comfort, minore impatto ambientale e minore impatto sul portafoglio.

Responsabilità e competenze

Quando si parla di requisiti professionali la maggior parte dei tecnici fa riferimento a quelli previsti dal Decreto Ministeriale 37 2008 ed elencati per i professionisti all’Articolo 3 e per le aziende all’Articolo 4 del decreto appena citato, nonché alla registrazione presso le Camere di Commercio dell’azienda come “dotata” della lettera corrispondente alle attività impiantistiche di riferimento, la mitologica lettera C.

Ma la realtà è più complessa, non tanto e solo per ragioni di competenza, ma anche e forse soprattutto per le responsabilità conseguenti alla presa in carico di ruoli ufficiali e ai doveri e adempimenti previsti dalle norme specifiche che riguardano appunto gli impianti che lavorano al riscaldamento e raffrescamento degli ambienti e alla produzione di acqua calda sanitaria.

Nel DPR 74 2013, l’articolo 6 comma 1 comincia a introdurre la figura del “terzo responsabile” indicando in quali situazioni impiantistiche si può configurare la delega e in quali no: informazioni importantissime, sicuramente, ma la più importante è contenuta nel comma successivo, dove si dice che “In caso di impianti non conformi alle disposizioni di legge, la delega non può essere rilasciata, salvo che nell’atto di delega sia espressamente conferito l’incarico di procedere alla loro messa a norma.”

L’assunzione di una responsabilità è subordinata a due opzioni, l’impianto è a norma oppure chi si assume la responsabilità è incaricato di mettere a norma l’impianto. Non ci sono terze vie: bisogna essere certi che l’impianto che si prende in carico ottemperi quanto previsto dalla legge, oppure bisogna ricevere mandato ad effettuare le operazioni necessarie perché questo obiettivo di conformità sia raggiunto. Insieme al mandato, fondamentale avere anche il budget necessario a svolgere le attività che portano alla conformità.

Chiamiamo qui in causa un soggetto che deve essere informato delle sue responsabilità: sempre nel comma 2 si dice che “Il delegante deve porre in essere ogni atto, fatto o comportamento necessario affinché il terzo responsabile possa adempiere agli obblighi previsti dalla normativa vigente e garantire la copertura finanziaria per l’esecuzione dei necessari interventi nei tempi concordati.”

Tutto ciò rende chiaro che chi incarica un responsabile cerca un terzo responsabile, ma non è disposto a pagare per mettere a norma l’impianto sta violando questa norma e lo sta facendo anche a proprio danno, perché al comma 3 si aggiunge che “Il responsabile o, ove delegato, il terzo responsabile rispondono del mancato rispetto delle norme relative all’impianto termico, in particolare in materia di sicurezza e di tutela dell’ambiente”. L’enfasi non è solo su temi ambientali (controllo dei fumi e delle emissioni), ma sulla sicurezza. In caso di difformità è quindi compito del responsabile o terzo responsabile evidenziare che l’impianto non era a norma e provvedere a sanare le difformità, ma se il committente non è disposto a spendere quanto necessario, la legge vorrebbe che non ci si assuma né una responsabilità diretta né tantomeno una delegata.

Ma la questione non si ferma solo al momento della presa in carico dell’impianto: il comma 4 sottolinea che il terzo responsabile ha l’obbligo di mettere a conoscenza il committente o delegante di eventuali altri interventi da effettuare per andare a ottemperare nuove norme e nel caso dei condominii deve effettuare i lavori di messa a norma entro dieci giorni dalla delibera assembleare, in assenza della quale il suo mandato di terzo responsabile decade.

Questa mole di indicazioni contenute nel DPR 74 2013 comporta innanzitutto che per “fare il terzo responsabile” è necessario conoscere le condizioni dell’impianto avendo consultato la documentazione relativa e avendo verificato la corrispondenza fra documentazione e condizioni reali. A seguire va segnalata qualsiasi difformità rilevata e l’assunzione dell’incarico va subordinata alla messa a norma dell’impianto, sia essa effettuata dal terzo responsabile o da altri. Solo a situazione normalizzata può essere assunto l’incarico.

La questione ha una sua dimensione pratica che ci permettiamo di consigliare: tutto questo lavoro – proposta di delega, valutazione di conformità, segnalazione di eventuali difformità, incarico di adeguamento – deve essere tracciabile e scritto, con indicazioni precise di quali sono le norme a cui si fa riferimento e di quali sono le conseguenze in caso di comportamenti difformi.

Ancora una volta attenzione, l’incarico non è un semplice impegno fra un committente e un responsabile, ma ad esso segue comunicazione a organismo delegato da Regione o Provincia autonoma e in caso di revoca o rinuncia si deve dare informazione all’organismo delegato. E infine non sono ammessi subappalti se non per attività manutentive, ferma restando la responsabilità che non è derogabile.

DPR 74 2013: regole della manutenzione 

Nell’Articolo 7 del DPR 74 2013 i commi dall’1 al 3 si occupano di definire la gerarchia delle indicazioni di manutenzione: sono indicate come primarie quelle dell’installatore, in assenza delle quali valgono quelle del fabbricante e in assenza pure di queste ultime sono considerate vincolanti le norme UNI e CEI sulla materia.

Questo perché come stabilito dal Comma 4 installatori e manutentori debbono rilasciare indicazioni su quali attività di manutenzione sono obbligatorie per la corretta conduzione dell’impianto e sulla frequenza con cui ciascuna di queste attività deve essere svolta. Il tutto deve confluire in un libretto d’impianto che deve essere costantemente aggiornato (comma 5) e deve essere supportato da rapporti di efficienza (comma 6) con tanto di check list di verifica dell’efficienza stessa.

L’efficienza energetica è oggetto analizzato nell’Articolo 8 che prevede che gli impianti di riscaldamento con potenza termica superiore a 10 KW e di raffrescamento con potenza superiore a 12 KW siano soggetti a controlli al momento dell’avvio, in caso di sostituzione di componenti determinanti (la pompa di calore) e in caso di manutenzioni straordinarie. I rapporti di efficienza sono disponibili presso responsabile e organismo regionale o provinciale deputato, al quale i rapporti vengono trasmessi in via telematica.

I commi dal 7 al 10 definiscono la casistica e i comportamenti da adottare in caso di rilevazione di efficienza inferiore alle indicazioni dell’Allegato B e stabiliscono quali interventi svolgere (adeguamento, dismissione, messa a punto rispetto a valori di collaudo o di targa) nel caso in cui siano evidenziate inefficienze, con una differenziazione fra generatori di calore, macchine frigorifere e pompe di calore e impianti di cogenerazione.

Maggiori impegni sempre più complessi

Sicuramente il DPR 74 2013 mette ulteriori oneri burocratici sulle spalle di chi opera nel settore termotecnico, ma ha anche il merito di chiarire quali sono le responsabilità che ci si può assumere nei limiti di legge e quali sono i rischi connessi al fatto di trascurare queste disposizioni. Parlando di sicurezza non possiamo fare altro che sottoscrivere non solo lo spirito, ma anche la lettera della legge, perché qui sempre più spesso (e lo sarà sempre di più in futuro con l’utilizzo di gas refrigeranti infiammabili o esplosivi nelle pompe di calore) stiamo chiedendo di utilizzare elementi che generano rischi per cose e persone a causa della volontà di preservare l’ambiente.

Non vogliamo fare una classifica delle priorità, scegliendo la sicurezza a discapito della sostenibilità, ma invitiamo tutti coloro che operano nell’installazione e nella manutenzione a fare la massima attenzione al fatto che adempiere la normativa sui gas refrigeranti o sulla gestione delle emissioni è sicuramente importante, ma altrettanto deve essere la messa a norma sugli altri aspetti – funzionali e di sicurezza – dei sistemi che producono raffrescamento, riscaldamento e acqua calda sanitaria. Per questa ragione riteniamo imprescindibile la conoscenza di questo testo da parte di chi lavora nel nostro settore.

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