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Intervista all’installatore: Gianfranco Gianni

Gianfranco Gianni, 66 anni, contitolare della Gianni Benevenuto di Cernobbio, è stato ed è protagonista e testimone della storia dell’impiantistica italiana. Tutte le tecnologie che sono apparse sul mercato sono state recepite e applicate “cum grano salis”, senza badare alle mode ma alle effettive esigenze.

La personale storia di Gianfranco Gianni, ingegnere, è strettamente legata a quella della Gianni Benvenuto, un’impresa che dal 1959 opera nel campo degli impianti tecnologici e di climatizzazione. “L’evoluzione della nostra azienda è strettamente collegata a quella del settore impiantistico ed edilizio” racconta Gianni. “All’inizio si trattava di portare l’acqua in casa, quella che veniva chiamata allora l’acqua corrente, al posto del secchio posto all’ingresso delle abitazioni.

“Nelle città come Milano gli impianti di riscaldamento nelle case di livello erano già diffusi e spesso si trattava di impianti a pannelli realizzati tra le due guerre in tubi di ferro piegati. Negli anni Ottanta questi sistemi sono stati smantellati e sostituiti da altri più moderni anche in funzione della modifica di destinazione d’uso di questi antichi palazzi, da residenziale a uffici.

“C’erano anche impianti a colonne montanti in ferro che alimentavano i caloriferi posti uno sopra l’altro ai diversi piani. La distribuzione era di tipo condominiale e non si poteva intercettare l’appartamento nel suo insieme, ma solo ogni singolo radiatore.

“Poi sono nati – prosegue Gianni – i primi impianti con valvole di zona che consentivano di variare la temperatura di ogni singolo appartamento. Si trattava in pratica di semplici impianti monotubo ad anello. Un ulteriore passo avanti è stata l’introduzione del famoso collettore Modul che consentiva di realizzare la distribuzione a tutti i radiatori in modo indipendente. Si utilizzava tubo di rame, un materiale più leggero che consentiva di utilizzare diametri inferiori, facile da trasportare e posare. Da sottolineare che allora il costo del rame non era proibitivo come oggi.

“Parallelamente si è sviluppata la tecnologia del riscaldamento ad aria con macchine installate nel controsoffitto delle abitazioni, una soluzione rivolta a un’edilizia economico-popolare. Il generatore tipicamente era posto nel corridoio con bocchette di distribuzione nelle varie stanze. I costi di installazione erano molto contenuti, tuttavia l’aria generata era piuttosto secca.

“Una successiva modifica al monotubo fu l’introduzione della valvola monotubo direttamente sul radiatore. Nella progettazione occorreva tener conto che ai corpi scaldanti si portava acqua a una temperatura via via inferiore e dunque era necessario aumentare le dimensioni dei radiatori con conseguente maggior costo dei medesimi. In realtà venivano spesso dimensionati come se tutti fossero alimentati con acqua a 70°C col risultato che alcuni elementi alla fine risultavano penalizzati”.

FAN COIL CON ARIA PRIMARIA

“Negli anni Ottanta abbiamo conciato a realizzare i primi impianti di condizionamento nella classica configurazione fan coil più aria primaria, con generatore di calore a gas metano e gruppo frigorifero condensato ad aria. Quelli condensati ad acqua allora non si potevano utilizzare perché era vietato usare l’acqua del sottosuolo. O meglio, si potevano utilizzare con sistemi che prevedevano l’impiego dell’acqua di torre di raffreddamento.

“È utile ricordare che proprio negli anni Ottanta è iniziato il passaggio dal gasolio al gas metano. La tecnologia della condensazione era già conosciuta, ma il suo uso estensivo arriverà più tardi grazie anche ai progressi della metallurgia che ha consentito di sviluppare scambiatori resistenti alla corrosione.

“L’Italia nella tecnologia dei fan coil era ai vertici e in alcune applicazioni ha sostituito gli induttori con aria primaria che erano invece in voga negli anni Settanta. Il ventilconvettore conferisce ampia libertà di regolazione ed è disponibile in una molteplicità di configurazioni.

“È importante ricordare – fa presente Gianfranco Gianni – che allora la regolazione era di tipo elettromeccanica, mentre quella pneumatica era rimasta appannaggio del settore industriale. Successivamente è stata introdotta la regolazione elettronica, ma quadristica e relativi componenti erano ancora elettromeccanici.

“All’epoca non si disponeva della variazione di portata, l’inverter era di là da venire, si trattava di funzionamento on – off. Se si voleva variare la portata sugli impianti ad aria occorreva utilizzare le serrande sui ventilatori centrifughi o la variazione dell’angolo pala su quelli assiali.

“Anche con l’acqua non c’erano grandi possibilità di effettuare un raffinato bilanciamento, esistevano sì apposite valvole, ma non venivano molto utilizzate.

“Un passaggio importante nell’evoluzione tecnologica ci fu con la possibilità di utilizzare l’acqua di falda nelle zone ricche di acqua nel sottosuolo come Milano. In effetti la dismissione delle industrie pesanti nel milanese ha comportato un innalzamento della falda dando il via libera all’utilizzo dell’acqua nei gruppi frigoriferi reversibili a pompa di calore. Il beneficio energetico è notevole: in estate si preleva acqua a 16°C e questo comporta un’alta resa dei gruppi; in inverno si preleva a 12-14°C, una temperatura comunque molto valida. Sono da considerare anche le sonde geotermiche, tuttavia occorre disporre di un terreno con capacità termica adeguata”.

POMPE DI CALORE

“Se il principio di funzionamento della pompa di calore è noto da moltissimo tempo, l’evoluzione e la diffusione di questa macchina sono state graduali e oggi il mercato propone macchine di grande efficienza. Se vogliamo trovare un neo, magari non generalizzato, parliamo dell’assistenza tecnica, non sempre all’altezza dello sviluppo tecnologico. Mentre un bruciatorista interveniva senza problemi anche il giorno di Natale o Pasqua, un centro assistenza dedicato alle pompe di calore non sempre ha questa sensibilità avvalendosi della facoltà di intervenire nell’arco di una settimana.

“È vero che una pompa di calore è una macchina più complessa rispetto al bruciatore i cui ricambi sono più facilmente reperibili, mentre la scheda elettronica di una pompa di calore non è così a portata di mano. Tuttavia è da rimarcare il fatto che il bruciatorista è nato professionalmente in tempi in cui si lavorava in modo diverso ed era più disponibile al sacrificio, se mi è consentito questo termine; magari si dava da fare giorno e notte per non lasciare al freddo un asilo nido. Il frigorista, senza generalizzare, è più legato a un aspetto contrattuale con il marchio che rappresenta”.

SISTEMI VRF VRV

“Si tratta di sistemi che hanno raggiunto la piena maturità tecnologica e hanno avuto una diffusione notevole, a mio avviso in qualche caso anche eccessiva, laddove un sistema idronico avrebbe consentito un comfort più adeguato. Soprattutto le macchine degli inizi degli anni Duemila a volte potevano mandare in ambiente aria a temperatura inadeguata con possibili fastidi agli occupanti. Oggi questo aspetto è decisamente migliorato, permane il tema della circolazione negli ambienti del gas refrigerante. Per la mia esperienza il VRV VRF è un impianto eccellente nei casi di ristrutturazioni in ambienti particolari. Ad esempio, l’abbiamo installato a Roma in un hotel con buoni risultati. Per la distribuzione abbiamo utilizzato piccoli tubi flessibili che non hanno richiesto particolari oneri di assistenza muraria. In ogni caso ci tengo a sottolineare che noi siamo installatori e che la scelta del sistema non è mai nostra, è sempre del progettista. Posso aggiungere che non esiste l’impianto perfetto per qualsiasi applicazione, ma ogni situazione richiede il suo specifico impianto”.

TRAVI FREDDE

“Questi terminali stanno registrando una discreta diffusione da una ventina d’anni a questa parte e in pratica sono una riproposizione in chiave moderna degli impianti a induzione, solo che ora sono a soffitto e non più a pavimento.

“Tra i vantaggi sono da annoverare la silenziosità, il buon livello di comfort e non occupano spazio a pavimento. Ovviamente occorre un’unità di trattamento aria sempre in funzione e un sistema di back up perché l’impianto non si può fermare. Le travi sono uno dei tanti terminali a disposizione e personalmente ho fatto diversi impianti negli ospedali con questi terminali”.

SISTEMI IBRIDI

“Nella nostra concezione, l’ibrido è un sistema a pompa di calore accoppiato a una caldaia a condensazione. La pompa di calore funziona fino a quando le condizioni sono favorevoli in termini di efficienza e di conto economico e superiori a quelle della caldaia. Quando la temperatura esterna si abbassa sotto una certa soglia, anche in ragione dell’umidità a seguito della quale la pompa di calore richiederebbe tanti cicli di sbrinamento, allora si commuta il funzionamento sulla caldaia, in maniera automatica. È vero che le moderne macchine possono funzionare con temperature esterne di -20°C, ma occorre fare i conti con la drastica diminuzione del Cop”.

SISTEMI DI REGOLAZIONE

“Come abbiamo accennato prima, la regolazione automatica degli anni Ottanta e Novanta era di tipo elettromeccanico e ogni regolatore disponeva di due o tre funzioni al massimo. In pratica era in grado di gestire la sua valvola o la sua sonda e niente di più. Oggi disponiamo di sistemi elettronici condivisi con tutti gli impianti con trasmissione dati via Bus, trasferibili in cloud e visibili da chiunque sia abilitato. Questa grande evoluzione ha evidentemente comportato la trasformazione anche a livello del personale che ha dovuto acquisire competenze sempre più interdisciplinari. E questo è un aspetto molto importante per gli installatori perché oggi è più difficile fare un salto di categoria professionale di quanto non lo fosse 40 anni fa. Un installatore come mio padre ha vissuto la trasformazione tecnologica passo passo, quello di oggi dovrebbe sapere da subito di elettronica, di meccanica, di sistemi di trasmissione dati, è molto più complesso.

“Ma questo non riguarda solo l’installatore, riguarda anche gli addetti al processo di cantierizzazione dei progetti, un esercizio sempre più difficile che necessita di verifiche e relazioni con molte discipline. Un esempio? La legge antisisma richiede che anche per l’inserimento di un solo tassello per montare una staffa devo fare una verifica di compatibilità e della spinta sismica e adeguare la staffa al risultato che ottengo”

TECNIGRAFO, AUTOCAD, BIM

“L’evoluzione dei disegni tecnici è stata impressionante, siamo passati dal tecnigrafo all’Autocad che progressivamente già dai primi anni Novanta ha fatto sparire appunto il tecnigrafo. Nell’ultimo decennio è arrivato il Bim, uno strumento che offre notevoli possibilità di sviluppare gli impianti, richiede però personale qualificato che capisca di impiantistica, mentre chi sa usare bene lo strumento Bim spesso è magari un architetto che non ha specifiche competenze di impianti. Il Bim a mio avviso è uno strumento valido che dev’essere maggiormente calato nella nostra realtà.

“Tra l’altro tutti questi adeguamenti per l’installatore sono costi, come pure i numerosi adempimenti che nel tempo sono stati introdotti, ad esempio il sistema di qualità aziendale o tutto il sistema di dispositivi di legge sulla sicurezza o ancora i protocolli sulla sostenibilità ambientale. I costi di questi adempimenti purtroppo non vengono riconosciuti dal mercato, si pretende che vengano effettuati ma gratuitamente e ciò comporta una riduzione dei nostri margini.

“Poi abbiamo a che fare con il commissioning avanzato, un sistema di collaudo che non è più prestazionale ma è la verifica di come si ottengono i parametri: significa controllare tutta una serie di valori, come ad esempio le portate, e questo richiede strumentazioni adeguate che devono essere certificate periodicamente e utilizzate da personale tecnico multidisciplinare, insomma un ulteriore onere.

“In buona sostanza, abbiamo a che fare con molte attività burocratiche e a volte nelle riunioni di cantiere le questioni prettamente impiantistiche passano in secondo piano. Inoltre, lo sviluppo e la diffusione dei gas frigoriferi naturali comportano problemi di sicurezza soprattutto in termini di antincendio e dunque entrano in gioco anche le valutazioni dei Vigili del Fuoco”.

VENTILAZIONE

“Una conseguenza della pandemia è stata il richiamo dell’attenzione sulla qualità dell’aria interna. Io stesso ho fatto parte di un gruppo di lavoro dedicato di Aicarr. L’attenzione nei confronti di questo tema era molto forte ma è andata via via scemando, anche perché appariva evidente che realizzare impianti in grado di garantire la perfetta osservanza di criteri tali da escludere ogni forma di contaminazione avrebbe significato aumentare i costi energetici a dismisura. Sull’onda della pandemia è anche aumentata l’offerta di apparecchiature per la ventilazione meccanica controllata. In pratica questi sistemi sono una trasposizione, in piccola scala, dell’impianto ad aria primaria. È bene ricordare che anch’essi richiedono una periodica manutenzione per non vanificare la loro azione”.

LA REMUNERAZIONE DELL’INSTALLATORE

“In conclusione – sottolinea Gianfranco Gianni – l’attività di installatore è diventata estremamente complessa. Il quadro legislativo e normativo e i numerosi adempimenti burocratici, giusti e necessari, comportano tuttavia l’impiego, in termini di personale e competenze, di ingenti risorse, costi ulteriori che poi non riusciamo a riversare sulle nostre tariffe. Queste non sono più adeguate al nuovo contesto in cui si opera. Viene chiesto un programma lavori dove si deve evidenziare l’avanzamento e l’intersezione di ogni parte con il tutto, definire la curva di produzione e definire la curva che mostra lo scostamento rispetto alle previsioni. Tutte cose ampiamente giustificate se si ha a che fare con un impianto di diverse decine di milioni di euro di valore. Ma se si tratta di un impianto sia pure da un milione di euro, c’è da chiedersi dov’è la remunerazione di tutti gli adempimenti che ci chiedono”.

 

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