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Trasporto e stoccaggio, due criticità per la diffusione dell’idrogeno

Gli addetti ai lavori della filiera ITS e climatizzazione non aspettano altro che disporre di indicazioni precise su quali fonti di energia si potrà contare in maniera certa e continuativa; per quanto riguarda l’idrogeno, l’italia era partita bene ma oggi è al palo e altri paesi ci hanno sorpassato.

Mercato dell’idrogeno: sistemi di supporto e incentivazione

Dall’Hydrogen Innovation Report 2023 dell’Energy&Strategy – School of Managemente del Politecnico di Milano risulta evidente la mancanza di una concreta strategia per l’idrogeno, mentre sono altri i Paesi (Germania, Spagna, Olanda, Danimarca, UK) che risultano ben più attivi. Davide Chiaroni, vicedirettore dell’Energy&Strategy ha fatto presente che “nonostante 3,6 miliardi di euro per l’drogeno previsti dal PNRR, al 63% già assegnati, siamo fermi alle linee guida, con il rischio di non gettare le basi per lo sviluppo del mercato e disorientare potenziali investitori. Quel che serve è un “contesto normativo coerente e di sistemi di supporto e di incentivazione”, ha sottolineato Vittorio Chiesa, direttore dell’Energy&Strategy. Sono solo 24 i progetti italiani, su un totale Europa di 631, relativi all’installazione di impianti per la produzione di idrogeno da elettrolisi per i prossimi 7 anni. In altri termini si tratta di 1,97 GW di capacità di elettrolisi contro i 5 GW previsti.

L’Italia era partita bene: un target di 5 GW al 2020 (come Germania e Regno Unito) e una previsione di investimenti nelle linee guida superiore a quella degli altri Paesi europei (10 miliardi di euro). La realtà dei fatti oggi è ben diversa e sul fronte dell’idrogeno altri Paesi europei sono attivi da protagonisti e noi siamo al palo. Allo stesso tempo, Stati Uniti d’America e Australia puntano a diventare operatori globali nella filiera dell’idrogeno nel medio-lungo periodo adottando politiche espansive. È un ulteriore segnale che l’idrogeno non era un’illusione momentanea ma sta diventando ogni anno che passa una realtà concreta. Oltre alla capacità produttiva ci sono altri due aspetti fondamentali con i quali fare i conti: stoccaggio e trasporto.

Le tecnologie a disposizione per lo stoccaggio d’idrogeno presentano generalmente un buon grado di maturità, frutto anche della notevole esperienza dell’industria chimica nella gestione di questa molecola, pura o associata a un carrier, ad esempio l’ammoniaca. Le differenti performance tecno-economiche delle possibili soluzioni analizzate nel report vincolano però il loro utilizzo a specifiche finalità in termini di orizzonti temporali e volumi stoccabili. Per soddisfare le varie necessità di accumulo degli utilizzatori finali e del sistema energetico (stoccaggio stagionale) sarà dunque necessaria la coesistenza di molteplici soluzioni che tengano conto delle tecnologie esistenti, delle performance ottenibili e dei costi.

Per quanto riguarda il trasporto, la costruzione di un’infrastruttura per il trasporto dell’idrogeno richiederà la combinazione di tecnologie eterogenee sia in termini di mezzi di movimentazione (trasporto su strada, su rotaia, via pipeline e via nave) che di stato chimico-fisico dell’idrogeno (idrogeno puro, in blending o hydrogen carrier), in funzione non solo dei volumi da trasportare, ma anche delle distanze da coprire (trasporto locale, nazionale ed intercontinentale). Si deve inoltre considerare che gli investimenti e i costi operativi imputabili al trasporto saranno trasferiti sul prezzo del prodotto alla consegna; pertanto, in una logica di sistema e di minimizzazione dei costi, risulta importante valutare la riconversione delle attuali infrastrutture esistenti (quali ad esempio i gasdotti, gli oleodotti e le navi cisterna) per il traporto dell’idrogeno e dei suoi carrier.

Il costo dell’idrogeno

Uno dei fattori chiave per lo sviluppo di un mercato dell’idrogeno – si legge nel report – è la riduzione del costo di produzione del vettore: la diversificazione del mix di approvvigionamento FER che alimenta un elettrolizzatore risulta un fattore fondamentale per ridurre il costo di produzione. La produzione di idrogeno verde al nord Italia nel caso di pieno rispetto dei vincoli introdotti dalla RED II soprattutto quando la correlazione temporale dal 2030 diventerà oraria, risulta economicamente poco competitiva (ricordiamo che questa direttiva stabilisce tra l’altro che entro il 2030 le energie rinnovabili in Europa dovranno incidere per almeno il 32% sul consumo finale di energia, 30% per l’Italia). Emerge dunque la necessità di garantire la presenza di un’infrastruttura via pipeline H2-ready che consenta la produzione di idrogeno in luoghi ottimali e la possibilità di trasportarne grandi quantità lungo tutta la penisola. Si evidenzia peraltro che applicando un incentivo commisurato, il costo dell’idrogeno rinnovabile così prodotto potrebbe risultare competitivo con il costo di produzione dell’idrogeno grigio/blu: tuttavia, considerati gli attuali costi elevati e fortemente variabili di produzione dell’idrogeno verde l’incentivo massimo proposto dall’European Hydrogen Bank (fino a 4 euro/kgH2) sarebbe insufficiente nella maggior parte delle configurazioni di produzione ad oggi disponibili, soprattutto se localizzate al nord Italia.

Modelli di business in ambito idrogeno

Nel corso della giornata di presentazione del report si è tenuto il panel “Modelli di Business per l’applicazione delle Tecnologie dell’Idrogeno”. Alberto Zerbinato, referente idrogeno del Consiglio di Presidenza Anima Confindustria, ha dichiarato: “L’idrogeno offre l’opportunità di portare l’Italia verso un futuro di energia sostenibile, e l’industria meccanica italiana è pronta a partecipare a questa transizione. Siamo ai blocchi di partenza: ora è il momento di avviare una vera industrializzazione, e questa può avvenire solo grazie a un piano di investimenti strutturali a livello nazionale. È fondamentale che il lavoro delle imprese non vada sprecato e venga valorizzato a dovere dando vita a un mercato vero e proprio”.

Valorizzare le tecnologie eccellenti sviluppate dalla manifattura italiana è uno degli obiettivi di Anima Idrogeno, il gruppo di lavoro nato in seno ad Anima Confindustria che accompagna le aziende italiane in questa transizione supportandone la progettualità, allo scopo di mettere a terra progetti «chiavi in mano» che non si fermino al perimetro della singola tecnologia. Un concetto ripreso da Andrea Baio, coordinatore del GET Anima Idrogeno: “Nella nascente filiera dell’idrogeno, l’Italia ha l’opportunità di avere un ruolo da protagonista a livello internazionale. Dobbiamo valorizzare la grande maturità tecnologica delle aziende che hanno già sviluppato tecnologie a idrogeno che esprimono al massimo grado l’eccellenza del Made in Italy”.

“Un vettore energetico come l’idrogeno è un ottimo candidato per guidare verso l’indipendenza energetica del Paese. E nonostante una filiera produttiva ancora giovane, ai tavoli dell’Hydrogen Summit abbiamo potuto riunire aziende italiane che non hanno paura di investire e stanno dando prova della propria capacità di rispondere in maniera tangibile alle esigenze dei settori più disparati. – ha concluso Massimiliano Pierini, General Managing di RX Italy – Le tecnologie per la sua produzione e per l’uso ci sono quindi, ma per la loro valorizzazione è necessario intervenire su normative e regolamenti nazionali, con piani strategici e investimenti capaci di stimolare la domanda e la crescita del mercato”.

 

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